Il comico e conduttore tiene sempre in bella vista i premi che Sorrisi gli ha consegnato negli anni, tutti legati a ricordi indimenticabili
La manutenzione dei Telegatti è un’attività che mica tutti possono fare: Ezio Greggio sì. E lo impegna parecchio, dal momento che i Telegatti in questione sono 25. Anzi 26, visto che l’ultimo (quello per i 30 anni di “Striscia la notizia”) per un disguido non era arrivato e in queste ore è in viaggio per raggiungere il legittimo proprietario. «E io lo sto aspettando impaziente» ride Ezio Greggio.
Ezio, è pronto ad accogliere in casa il 26º?
«Ho già preparato la ciotola con i croccantini, poi lo spazio sulla libreria… è tutto pronto (ride)».
In cosa consiste la manutenzione dei Telegatti?
«Nel lungo periodo in cui siamo stati costretti a casa mi sono messo ad aprire scatoloni che erano rimasti lì dopo traslochi e cambi di ufficio».
E cosa è saltato fuori da quegli scatoloni?
«Tra le mille cose è spuntato un Telegatto. Mi sono detto che era arrivato il momento di fare ordine. Anche perché è un premio che ho nel cuore e che mi ha sempre affiancato fin dagli inizi della mia carriera. Allora, lista dei premi alla mano, mi sono messo a fare la spunta uno per uno e mi sono accorto che mancava all’appello proprio l’ultimo, quello dei 30 anni di “Striscia la notizia”. Ho chiesto aiuto a voi di Sorrisi e ora sta arrivando…».
Dove li sistema?
«In realtà i premi sono oltre 200, è impossibile metterli tutti insieme. I Telegatti però sono sistemati uno accanto all’altro nella libreria del salotto buono. Se cominciano a miagolare tutti insieme ci sentono da Montecarlo fino a Nizza e a Dolceacqua, in provincia di Imperia (ride). E comunque quella è una posizione strategica perché ci passo davanti tutte le sere prima di andare a dormire: come vede, Sorrisi è sempre nei miei pensieri… almeno una volta al giorno!».
Andranno spolverati per farli brillare…
«Certamente! E qui arriviamo al tema della manutenzione. I primi hanno ormai più di 35 anni, alcuni sono un po’ scrostati e ossidati. Ho chiesto a un mio amico pittore una vernicetta giusta per fare dei ritocchini col pennello. Uno aveva un “problema di stabilità” e ho sistemato la base utilizzando un prodotto indurente. Io sono un grande artigiano in queste cose: restauro le cornici, i libri antichi che compro… figuriamoci se non restauro i Telegatti! Ora sono tutti splendenti e in grande forma».
Cosa rappresentano quei premi per lei?
«Ricordi. Tanti ricordi. Oltre alle statuette ho ritrovato anche gli inviti alle bellissime serate di premiazione. Sono felice di aver vissuto alcuni momenti che rimarranno nella storia della televisione».
Ci fa un esempio?
«Penso alla riunione di Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi su quel palco. Per chi come me ha cominciato a fare questo mestiere per colpa, o per merito, loro, vederli insieme, con i loro incredibili tempi comici, fu uno spettacolo vero. Con Raimondo poi avevo un rapporto fantastico, eravamo in simbiosi per mille motivi. Sandra mi ripeteva: “Mi ricordi Raimondo da giovane… ”. E mi teneva la mano. Io alle volte mi dicevo: “A ‘sto punto mi bacia (ride)”. L’ultima volta che l’ho vista, Raimondo già non stava tanto bene: mi parlava di lui e si commuoveva. È stato molto toccante. E poi c’erano i siparietti tra Corrado e Mike Bongiorno, con Corrado sornione che tirava delle legnate terribili al povero Mike. A proposito di Mike…».
A proposito di Mike?
«Era il 1984, il mio primo Telegatto per “Drive in”. Salgo sul palco, Mike mi premia e dice (a questo punto Greggio parte con una perfetta imitazione della voce di Mike, ndr): “Abbiamo con noi Franco Greggio. Io, che gli davo ancora del lei, dissi: “Mike, scusi, mi chiamo Ezio Greggio”. E lui imperterrito: “E no eh? Mi dispiace ma c’è scritto così e tu sei qui come Franco Greggio”. La gente rideva e io gli risposi: “Va bene così, Gualtiero…”. E per la cronaca, sul foglio c’era scritto giustamente Ezio ma lui, forse un po’ talpa, si era sbagliato e aveva letto Franco».
Lei ha vinto anche il Telegatto di platino.
«Già. Ed è uno dei ricordi più belli. Era il 2008 e lo ricevetti per i 30 anni di carriera. C’erano anche i miei figli e fu un momento fantastico, un’emozione indimenticabile».
Con “Striscia” ha inanellato una serie infinita di premi. Come è nato il suo sodalizio con Enzo Iacchetti?
«Ci incontrammo a pranzo la prima volta a Roma. Io cominciai a parlare e a raccontargli della trasmissione, ma Enzo era distratto: guardava di lato, poi in alto, scrutava tutto intorno e non mi guardava mai negli occhi. A un certo punto, indispettito, gli dissi: “Ma che diavolo fai? È mezzora che ti parlo e tu ti guardi in giro?”. E lui: “Io me lo sento che mi state facendo uno scherzo, sto cercando le telecamere, altro che Striscia, qui siamo su Scherzi a parte…”».
E invece era proprio “Striscia”.
«La cosa buffa è che dopo la prima puntata andò in camerino a chiamare sua mamma. Dopo un paio di minuti uscì e mi abbraccio emozionato dicendo: “Mia mamma mi ha visto, adesso ci credo: sono andato in onda davvero!”. Fino ad allora non ci aveva creduto (ride)».
Lei ha avuto tante partner nella sua carriera…
«È vero. Mi piace ricordare l’incontro con Lorella Cuccarini per “Odiens”, e poi per “Paperissima”. Lei era eccezionale: oltre che una bella ragazza era di una professionalità impressionante. Aveva sicuramente fatto tesoro degli insegnamenti di Pippo Baudo, che è un grande maestro di televisione. Ricordo che andare in scena con lei era un po’ come entrare in classe, solo che lei non era la compagna di banco ma la maestra. Era sempre preparatissima ma mai presuntuosa, e io poi la facevo ridere. Venivo dalla scuola di Walter Chiari, i miei ritardi erano apocalittici. Mi ricordo Lorella con le braccia puntate sui fianchi, col piedino che picchiettava… entravo in studio e anziché andare dritto verso di lei mi nascondevo prima dietro alla telecamera, poi dietro all’assistente di studio: cercavo di sdrammatizzare per farla ridere. E mi dicevo: “Stavolta mi graffia!”. E fu lì che lanciai il tormentone “Chi ha cuccato la Cuccarini?”».
C’è stato qualche ospite più speciale di altri dietro al bancone di “Striscia”?
«Quando venne a trovarci Vittorio Gassman ci convocò nel suo camerino. Io l’adoravo, mi ispiravo a lui. Era altissimo, con questo sguardo intenso, le sopracciglia che sembravano due fienili incolti… era meraviglioso. Io e Enzino bussammo ed entrammo. Ci disse (lo imita alla perfezione, ndr): “Ragazzi, chiariamo subito una cosa: non cominciamo a prendere in giro e non mettetemi in imbarazzo”. Io: “Non ci permetteremmo mai, siamo tuoi fan da sempre, per cui sei tu che porti avanti il discorso e noi ti seguiamo”. Lui capì che si poteva fidare e quando arrivammo in studio si creò un clima divertente. Prima di cominciare Gassman mi disse: “Posso chiamare io le Veline? Quando è il momento tu toccami col braccio e io faccio l’annuncio”. Arriva il momento, gli do un colpettino sul braccio, lui si alza in piedi e sistemandosi i pantaloni urla col suo vocione profondo: “Le Velineee”. E fece il lancio “gassmaniano doc”, addirittura enfatizzando il mio che da sempre era “gassmaniano a modo mio”. Si divertì. Mentre andava via disse: “Quasi quasi ritorno”. In una delle sue ultime interviste gli chiesero qual è il comico che considerava il suo erede? Lui rispose “Non è un comico solo ma sono due: i miei eredi sono Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti”. E io questo pezzo l’ho incorniciato, accanto a un altro».
Quale?
«È una frase di Paolo Villaggio, quando venne chiamato per provare a fare “Striscia” assieme a Massimo Boldi. Villaggio capì la difficoltà che c’era nel condurre questa trasmissione nella quale si passa da un momento di satira a una notizia feroce a un’inchiesta a volte anche drammatica. Quando gli chiesero come era andata la sua esperienza a “Striscia” lui disse (e parte con la voce di Fantozzi, ndr): “È stata un’esperienza terrificante: sostituire Greggio a “Striscia la notizia” è come sostituire Pertini al Quirinale”. Secondo lei potevo non incorniciare pure questa frase?».